lunedì 24 gennaio 2011

Lettera aperta degli ex An: "Siamo orgogliosi di stare a fianco di Berlusconi"

Pubblichiamo la lettera in cui sei ex esponenti di punta di An, Alemanno, Gasparri, La Russa, Mantovano, Matteoli e Meloni, scendono in campo per dire una parola di LEALTA' nei confronti del Presidente Silvio Berlusconi, nel momento di massima tempesta mediatica nei suoi confronti. Tempesta, tanto più violenta mediaticamente da parte dell'opposizione quanto inconsistente nei reati contestati sui giornali.




Uno dei filoni polemici di questi giorni chiama in causa chi è approdato nel Pdl provenendo dalla destra italiana: come fate - si dice- a essere coerenti con la vostra storia, fatta di richiami ai principi al rispetto delle regole, di fronte a quanto accade?

È evidente l’interesse di chi solleva il tema a pro­vocare fratture interne al Pdl; ma siamo convinti che la questione me­riti una risposta seria; anche per­ché è una risposta che non va in­ventata: c’è! Facciamo un veloce passo indie­tro, fino all’aprile 1948, quando gli italiani, col loro voto, rifiutarono la tentazione totalitaria e si mostraro­no in maggioranza ancorati ai valo­ri della propria tradizione. Nei de­cenni successivi, dall’apertura a si­nistra fino al «compromesso stori­co », la coerenza con la volontà del­l’elettorato venne meno, anche per la deliberata estromissione della destra dalla politica che contava: nei quasi cinquant’anni di prima Repubblica si è parlato di una «mag­gioranza silenziosa», e del tradi­mento delle sue istanze a causa di un sistema politico bloccato. L’esi­to più significativo del berlusconi­smo e dell’ingresso nella seconda Repubblica è stato proprio quello di avere dato voce - con l’ingresso della destra nel governo, e quindi con la costituzione di un unico par­tito del centrodestra­ a una maggio­ranza rimasta in silenzio nel perio­do precedente, ponendo stabil­mente in sintonia, con mille limiti e fra mille difficoltà, la maggioranza degli italiani e chi li rappresenta.

Ma non è solo una questione di riposizionamento. Se stiliamo un bilancio che annoti quanto «di de­stra », nell’accezione che comune­mente si dà al termine, si è realizza­to nella legislatura in corso, abbia­mo difficoltà a essere sintetici. Ap­par­tiene alla nostra tradizione poli­tica il superamento del mito eguali­taristico sessantottino: le riforme della scuola media superiore e del­­l’università pongono punti chiari in tema di riconoscimento del me­rito, di eliminazione di sacche di privilegio e di clientela baronale, di opportunità di valorizzazione dei giovani. Nelle nostre sezioni ab­biamo discusso per decenni della tutela del lavoro, oltrepassando il contrasto classista fra imprendito­ri e operai: Pomigliano e Mirafiori costituiscono oggi esempi signifi­cativi di un solidarismo che dimo­stra nei fatti la piena compatibilità fra espansione produttiva, ricerca di competitività e responsabilità sindacale. Ciò che è stato possibile grazie alla parte maggioritaria del sindacato e al fattivo sostegno del governo in carica. È stato possibile perché- in un contesto internazio­nale di crisi così pesante - si è scel­to di non lasciare indietro nessu­no, con l’estensione della cassa in­tegrazione, spesso in deroga o in via straordinaria.

Per anni, a destra, abbiamo dife­so quasi in solitudine la bandiera della nostra patria quando sembra­va eversivo esporla in pubblico in occasioni che non fossero quelle calcistiche. Oggi, nel 150˚ dell’uni­ficazione, quella bandiera svento­la in territori difficili e complicati. Sventola sul lavoro svolto con gene­rosità e coraggio da tanti militari italiani, teso a ricostruire, a estirpa­re le minacce terroristiche, a dare un futuro a popolazioni oppresse, talora pagando il costo più elevato della propria vita. Sventola anche per la determinazione politica del­l’esecutivo, e della maggioranza che lo appoggia, di non farsi condi­zionare dagli attacchi, anche dai più feroci. In ogni luogo del mondo la de­stra viene identificata con uno slo­gan forse sbrigativo, ma chiaro da intendere: «Legge e ordine».

Può apparire singolare questo richia­mo, nel pieno delle polemiche in corso. Ma sarebbe ancora più sin­golare mettere da parte il lavoro enorme svolto dai corpi di polizia, e da quella parte della magistratu­ra che opera senza clamore e con risultati, nel contrasto alla crimina­lità mafiosa: da Castevolturno al Gargano, da Palermo a Reggio Ca­labria, i successi contro le varie or­ganizzazioni criminali, le catture di latitanti, i sequestri e le confi­sche dei beni, la capacità di interve­nire «prima» (come è accaduto per il tentativo della ’ndrangheta di in­filtrarsi nei lavori di Expo 2015, stroncato sul nascere) hanno as­sunto uno spessore quantitativo e qualitativo senza precedenti. Meri­to di chi opera in prima battuta, ma pure di leggi che abbiamo forte­mente voluto, e che hanno prodot­to e stanno producendo questi ri­sultati. Per non dire del blocco dei clandestini a Lampedusa. Sarebbe fuori luogo continuare nell’elenco, che vuole essere solo esemplificativo, non esaustivo, di un lavoro che intendiamo prose­guire e completare- se sarà possibi­le - nell’arco della legislatura.

A chi si straccia le vesti per ciò che emer­ge dall’indagine della Procura di Milano, e che si meraviglia se, con la nostra storia, non prendiamo le distanze e non concorriamo a chiu­der­e quella che viene definita la sta­gione del berlusconismo, rispon­di­amo che esiste una linea di confi­ne invalicabile fra i comportamen­ti privati e i gesti pubblici. Chi ci ha votato anzitutto desidera gesti pub­blici: il rilancio dello sviluppo, fon­dato sulla tenuta dei conti finora re­alizzata, la definitiva sconfitta del­la mafia, dopo tante battaglie vin­te, la completa realizzazione di in­frastrutture attese da anni, l’appli­cazione delle riforme approvate, dal federalismo all’università. A chi obietta che in ciò che noi rite­niamo appartenente al «privato» la magistratura ha individuato dei reati (e quindi non è più «priva­to »), rispondiamo che il rispetto per l’istituzione «magistratura» non vieta di valutare il senso e la portata delle iniziative persecuto­rie che da 17 anni interessano Sil­vio Berlusconi.

L’ultima in ordine di tempo è esemplare per il caratte­re strumentale e delegittimatorio nei contenuti (ipotesi di reati che trovano smentita negli stessi docu­menti del procedimento), nelle for­me ( non si è mai visto un decreto di perquisizione di 400 pagine, il cui unico risultato è stato di rendere pubbliche le indagini già svolte, senza che vi fosse alcun vaglio in contraddittorio), e quindi negli obiettivi: gettare fango su Berlusco­ni. È grave che chi ci chiede coeren­za non colga che una parte della magistratura italiana ha da tempo assunta su di sé una funzione mili­tante, tesa a vanificare l’azione di governo (si pensi al terreno dell’im­migrazione) e di chi guida il gover­no, e addirittura a sanzionare i comportamenti che valuta non già illeciti, bensì immorali. Rispettare i poteri e gli ordini dello Stato non significa avallare il tentativo di una parte di loro di svolgere funzioni che non le competono.

Sul piano politico, spetta agli elettori decide­re se e in quale misura comporta­menti privati incidano sulla scelta di chi chiamano al governo. La destra italiana intende conti­nuare, con questo governo e con chi lo guida - così come è avvenuto finora - il lavoro intrapreso per da­re seguito alla volontà della mag­gioranza degli italiani. Spesso una parte significativa del dibattito sui media concentra l’attenzione sui «diritti delle minoranze». Ma tanti italiani (il 75%!) nel 2005 hanno di­feso col non voto una buona legge sulla fecondazione artificiale, nel 2007 hanno popolato la piazza del Family day , nel 2009 hanno apprez­zato la posizione del governo Ber­lusconi su Eluana, accettano i sacri­fici perché consapevoli della neces­sità della tenuta economica, vor­reb­bero i giudici impegnati nel san­zionare i rapinatori più che nell’ori­gliare a spese dello Stato fatti privi di rilievo penale, considerano eroi i nostri militari impegnati nelle missioni all’estero.

Ecco,questi uo­mini e queste donne da tempo si chiedono: noi che apparteniamo a famiglie normali, che non rivendi­c­hiamo i matrimoni per gli omoses­suali, che diamo figli alla Patria e alle sue missioni, che vorremmo vi­vere in quartieri in cui la conviven­za non sia posta a rischio dall’im­migrazione clandestina, noi che siamo cristiani, per lo meno quan­to a tradizione, che non pensiamo che sulla vita vadano operate speri­mentazioni, che facciamo: dobbia­mo sentirci in colpa? Il «berlusconismo» ha avuto e ha il merito di non far considerare que­sti italiani, che sono la maggioran­za, dei minorati, ma di rendere loro orgogliosi della nazione in cui vivo­no. Meglio ancora: è il centrode­stra che, con gli italiani, ha permes­so tutto questo. Di esso noi siamo parte findall’inizio,e al suo interno intendiamo continuare a operare per il bene della nostra patria.

Gianni Alemanno, 
Maurizio Gasparri
Ignazio La Russa
Alfredo Mantovano
Altero Matteoli
Giorgia Meloni 


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