giovedì 19 gennaio 2012

CANTONI: Perché servono gli eurobond

19 gennaio 2012


Pubblicato su Economy, a firma del senatore del Pdl Gianpiero Cantoni.

Mario Monti a inizio anno si è recato a Bruxelles per avviare la rinegoziazione del patto fiscale che i leader europei hanno prodotto il 9 dicembre scorso. Il presidente della Bce Mario Draghi ha detto che il patto è la singola iniziativa di maggiore importanza per la stabilizzazione dei mercati finanziari. E’ vero, ma è altrettanto necessario che il patto che andiamo a siglare sia equo e ben ponderato. L’Europa ha già avuto un patto di stabilità e crescita: Romano Prodi, da presidente della Commissione europea, lo liquidò come «stupido». E furono proprio francesi e tedeschi, che oggi hanno il coltello dalla parte del manico, a non rispettarlo per primi, rendendo impossibile che venissero messe in atto sanzioni credibili contro Portogallo e Grecia.


La verità è che i patti che si rispettano sono i patti rispettabili. Fa bene allora Monti, e fa bene il presidente francese Nicolas Sarkozy che lo segue, a battersi per parametri non punitivi, che cioè non richiedano un - impossibile - rientro dal debito a tempo record. Le finanze pubbliche italiane sono ormai in ordine, coi grandissimi sforzi fatti prima dal governo Berlusconi e poi dal governo Monti. Ma un debito di 1.900 miliardi non si cancella in due giorni. E soprattutto non si cancella con operazioni choc, in un momento in cui l’economia è debolissima, e non la possiamo stroncare con disordinati inasprimenti fiscali solo perché ce lo chiedono i partner tedeschi. Bisogna abbassare l’asticella del debito, ponendo in essere iniziative importanti e significative. Ma se si tarano male i tempi, se si prende una rincorsa affrettata, il rischio è scoraggiare la crescita in modo irreparabile. E non ce lo possiamo permettere. Soprattutto in questo momento, è fondamentale per tutti che almeno la seconda parte del 2012 porti un po’ di respiro nell’eurozona. Questo significa che bisogna conciliare due obiettivi diversi: da una parte, la costruzione di un quadro di regole abbastanza certo da dare fiducia ai mercati (e il «fiscal compact» serve anche a quello) ma, dall’altra, bisogna fare in modo che riparta il circuito del credito e l’intera economia non vada in stallo. Perché questo avvenga, non basta che le regole ci siano: debbono anche essere regole sensate, non un cappio in cui l’economia europea infila la testa.

Del resto, proprio quanto avvenuto in Grecia ci dimostra come sia difficile realizzare riforme sensate e ben congegnate se l’unico stimolo è una pressione al ribasso, se cioè l’unico obiettivo è evitare il default. Il drammatico fallimento dell’Unione europea in Grecia sino a oggi, l’evidente impossibilità di stimolare un cambiamento che è culturale prima che politico soltanto promettendo la fine del mondo, deve indurre i leader europei, e soprattutto la Germania, a un ripensamento.
Va anche costruita una prospettiva di medio e lungo periodo. Da mesi il cancelliere tedesco Angela Merkel ripete che quella prospettiva è l’Unione fiscale, cioè meccanismi (quali quelli adombrati dal fiscal compact) per cui vi sia una qualche forma di coordinamento di finanza pubblica a livello europeo. Sta bene. Ma ci sono problemi di governance e di credibilità.

La governance dell’Unione fiscale deve essere chiara, e non barocca come troppo spesso è il caso delle istituzioni comunitarie. Le decisioni vanno prese in modo trasparente e veloce. E soprattutto al bastone deve accompagnarsi la carota.
La carota potrebbero essere, anzi devono essere, quegli Eurobond che, consentendo un consolidamento del debito a livello europeo, darebbero sostanza alle stesse ambizioni dell’Unione fiscale. Il tempo per agire non è molto, e Mario Monti dovrà mettere in campo tutta la sua credibilità internazionale. Il 2012 può essere, per lui e per tutti noi, l’anno del riscatto o quello del disastro. Ma per il riscatto occorre evitare la solitudine dei numeri primi, che affogherebbero i numeri secondi, ma poi sprofonderebbero anche loro.

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