18 aprile 2011
L’intervista del nostro coordinatore nazionale Sandro Bondi a "Il
Giornale"
Sandro Bondi, ex ministro dei Beni culturali, ora senatore e, soprattutto,
coordinatore del Pdl. È vero che il partito di maggioranza cambierà nome e
struttura dopo le amministrative?
«I partiti della sinistra hanno bisogno di
cambiare nome, dovendo mostrare un cambiamento che in realtà è nominale. Noi
invece dobbiamo solo continuare a lavorare. Dopo le amministrative faremo
soltanto un altro passo avanti, nel senso di un ulteriore rafforzamento del
nostro movimento, della sua apertura alla società e del rinnovamento della
classe dirigente».
Nonostante la scissione e l’uscita dei finiani,
sembrano tornati d’attualità gli scontri tra ex An e Fi. Pensa che gli elettori
apprezzeranno?
«Io non assisto e non partecipo a scontri o a polemiche. Sono
stato uno dei membri del comitato di Todi, che ha rappresentato il primo nucleo
promotore del partito unitario. Nonostante le difficoltà, la strada intrapresa è
quella giusta e bisogna continuare a lavorare per costruire un grande partito
dei moderati».
Quali sono i suoi rapporti con Verdini e La Russa?
«Con
Denis Verdini mi lega un’amicizia antica, una collaborazione importante durata
molti anni. I meriti di Denis nella conduzione del partito, prima e dopo
l’unificazione, sono incontrovertibili e importanti. Così come sono innegabili i
suoi meriti nell’ampliamento della maggioranza».
E con La Russa?
«Con lui
ho una consuetudine più recente, ma ne stimo la non comune intelligenza politica
e la lealtà nei confronti del presidente Berlusconi. Unificare diversi partiti
politici è l’operazione politica più difficile che vi sia. Nella storia d’Italia
quasi tutti i progetti di unificazione sono falliti. Noi invece abbiamo avuto
successo e ottenuto risultati irreversibili. Se si vuole costruire qualcosa di
nuovo bisogna prima conoscere e riconoscere ciò che si è fatto fino ad
oggi».
Pace fatta anche con Claudio Scajola?
«Nel passato la
stampa mi ha spesso messo in competizione con Scajola. In realtà, la nostra
amicizia è sempre stata forte e intensa. A lui si deve la realizzazione del
radicamento organizzativo di Forza Italia, in sintonia con la leadership di
Berlusconi. Sono convinto che Claudio possa offrire anche oggi un forte
contributo al rafforzamento del Pdl, grazie alle sue capacità organizzative non
prive di una importante sensibilità politica. Personale politico d’esperienza e
la nuova generazione formata da Berlusconi costituiscono la forza del
Pdl».
Sta parlando dei cambiamenti abbozzati da Berlusconi? Li
condivide?
«Non mi sono mai opposto al rinnovamento del partito. Al contrario
l’ho sempre favorito e propugnato. La mia opinione è che non dobbiamo ricadere
negli errori dei vecchi partiti. Non dobbiamo rinunciare a costruire un
movimento politico nuovo, organizzato quanto basta e aperto alla società. Sono
scettico sul tesseramento e i congressi come strumenti di
partecipazione».
Nel Pdl c’è però chi chiede proprio questo. Quale
alternativa propone?
«Personalmente cercherei di mettere a punto un modello
di democrazia derivante dalla partecipazione degli elettori e degli iscritti, ma
lasciando aperta la possibilità della nomina e della cooptazione da parte del
leader. In un partito che abbia un leader illuminato la cooptazione consente di
formare gruppi dirigenti di qualità, come dimostra la storia del Pci e della Dc
e la stessa esperienza di Berlusconi».
È giusto parlare adesso del successore
di Berlusconi?
«Questo problema riguarda in realtà la sinistra, che non ha un
leader e ha invece i soliti esponenti del Pci e della sinistra democristiana
che, da decenni, si fanno la guerra fra di loro. La leadership di Berlusconi è
politica e umana. Non so se sia più importante l’una o l’altra in Berlusconi.
Fra i suoi meriti più importanti comunque vi è anche la sensibilità e la
lungimiranza di aver provveduto alla formazione di una nuova classe politica
formata da giovani preparati e già autorevoli, fra cui, per l’appunto, eccelle
indubbiamente Angelino Alfano».
Le manca il ruolo di
ministro?
«Assolutamente no. Ho fatto la scelta giusta e sono oggi molto
sereno. Mi piace guardare avanti con positività. Questa vicenda mi ha portato a
scegliere un altro tipo di vita e un diverso impegno politico rispetto al
passato».
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