7 aprile 2011
Sui rapporti tra Stato e mafia all’inizio degli anni ’90 non è stata detta
"tutta la verità" dalle persone che ricoprivano i massimi incarichi
istituzionali in quel periodo, è ora che qualcuno ammetta "almeno che si è
sbagliata la politica di contrasto alla criminalità organizzata".
Lo ha
affermato il capogruppo del Pdl alla Camera Maurizio Gasparri che, insieme al
vice-ministro alle Infrastrutture Roberto Castelli
e ad altri parlamentari
del centrodestra, durante una conferenza stampa e’ tornato a chiedere
"chiarezza" sulle vicende che portarono all’abolizione del regime del carcere
duro per centinaia di detenuti nei primi anni ’90.
"Conso si è preso tutta la responsabilità. Ma le carte dimostrano che non è
stata detta tutta la verità". A chi gli ha chiesto se il sospetto è che i
vertici dello Stato di allora abbiano fatto, a suo giudizio, ’patti scellerati’
con la mafia, Gasparri ha precisato: "Non credo che Scalfaro (allora capo dello
Stato, ndr), Conso (ministro della Giustizia, ndr), Mancino (ministro
dell’Interno, ndr) abbiano fatto trattative al bar con i capi mafiosi... Ma
immagino che il cappellano delle carceri per motivi umanitari, piuttosto che gli
inquirenti nella speranza di catturare il ’pesce grande’, possano aver spinto
per un allentamento del 41-bis". Il punto è, ha continuato Gasparri, "che non è
stata detta tutta la verità. Perché Scalfaro non ha detto la verità? (cioé che
era al corrente del cambio di strategia, ndr). E’ la mancanza di trasparenza che
fa nascere i sospetti. E’ possibile che il capo della Polizia non dica quello
che accade al ministro dell’Interno?".
Insomma, "non ci accontenteremo dei
’non so’. Io non alimento sospetti, ma almeno l’errore di strategia nel
contrasto alla criminalità qualcuno lo dovrà ammettere". Tutto questo dimostra
che "per anni si è cercato di far passare i ’buoni’ per ’cattivi’ e i ’cattivi’
per ’buoni’". Invece, ha precisato il capogruppo Pdl, "noi abbiamo reso
permanente il 41-bis, che prima era temporaneo".
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