sabato 11 giugno 2011

GIUSTA LA FIDUCIA AI QUARANTENNI. AL PDL NON SERVE UN MAQUILLAGE

11 giugno 2011


Di seguito il testo dell’intervista al ministro Michela Vittoria Brambilla, pubblicata sul Corriere della Sera il giorno 05/06/2011


Qualcuno nel centro­destra giudica la designazione di Angelino Alfano a segretario del Pdl una soluzione-tampone. Lei, ministro Michela Vittoria Brambilla, come la valuta?
“Non è una soluzione tampone, il fatto che Berlusconi Io abbia scel­to come segretario del partito di­mostra che c'è anche la volontà di compiere un netto ed inequivoco salto generazionale e ciò significa avere voluto associare alla merito­crazia, quindi alla competenza del­la persona individuata, anche un approccio culturale e sociale di ti­po nuovo che è proiettato verso il futuro. Questo consentirà al Pdl di vedere i problemi con una lente di­versa”.

È l'inizio del post Berlusconi?
“Non è la chiave con cui va letta questa scelta. Berlusconi, molto at­tento a cogliere in tempo reale le sollecitazioni che arrivano dalla gente, ha voluto segnare una sorta di giro di boa che non significa contrapporre i giovani ai vecchi”.
Qual è il punto?
“La caratteristica dei quaranten­ni è il pragmatismo, la diffidenza assai consapevole verso le ideolo­gie. I sessantenni hanno vissuto le grandi contrapposizioni ideologiche degli anni Sessanta e Settanta. Noi quarantenni invece abbiamo colto solo gli ultimi echi del loro dissolvimento”.
Berlusconi e Alfano spingono per radicare il partito. Ma come si fa?
“Il Pdl è un partito appena nato e ha dovuto subito gestire stati di emergenza a tutti ben noti che van­no dalla crisi economica a una scis­sione del cofondatore, e quindi de­ve ancora radicarsi. Ci sono poi i compiti ai quali è tenuto il governo”.
Entriamo nei dettagli.

“Se parlo dell'esecutivo, dico che al disagio mostrato dai cittadi­ni dobbiamo continuare a dare ascolto, offrendo risposte concrete alle famiglie e dando strumenti per rendere competitive le nostre imprese. Per farlo abbiamo bisogno del partito sul territorio, in un rapporto sempre più stretto con gli italiani, raccogliendo le loro ri­chieste e trasformandole in inizia­tive di governo”.
Si parla anche di primarie.
“Ben vengano perché il Pdl ha bisogno di partecipazione ma ci vogliono regole precise e rigorose per evitare distorsioni della volon­tà degli elettori. In culture politi­che diverse dalla nostra, come quella americana, il sistema delle primarie funziona egregiamen­te. Invece in Italia abbiamo assi­stito o a taroccamenti conclamati come le primarie del Pd a Napoli oppure, a fronte di una passabile regolarità formale, a una ratifica di decisioni già prese dai vertici dei partiti”.
Qual è il modello al quale lei guarda con più attenzione?
“Ci stiamo lavorando, ma dovrà seguire i principi di legalità e tra­sparenza Aggiungo che le prima­rie non servono solo a scegliere il leader di domani, ma anche e so­prattutto coloro che nelle varie se­di istituzionali dovranno rappre­sentare il partito. Dovranno inol­tre selezionare la classe dirigente del Pdl a tutti i livelli perché per troppo tempo le nostre porte sono state chiuse ai nuovi ingressi. Ar­ricchire non vuole dire buttare via il vecchio, aprire ai quarantenni non significa rottamare i sessan­ta-settantenni”.
Berlusconi e lo stesso Alfa­no dicono che si è chiusa la fase delle quote, 70-30, con cui venivano assegna­ti gli incarichi tenendo conto dell'origine Forza Italia o Alleanza nazionale. Ma ciò ha creato un certo malu­more. Il superamento delle cor­renti è davvero possibile?
“È appunto per questo che ser­ve un grande lavoro ed è questa la principale sfida che si trova ad af­frontare Alfano. Le correnti sono un qualcosa che ricorda la Prima Repubblica. Ecco perché la scelta di Berlusconi, indicando Alfano e aprendo allo strumento delle pri­marie, va nella direzione del prag­matismo”.
Scajola lancia l'idea di un nuo­vo big bang, cambio del nome e del simbolo, associando al pro­getto di costruzione della casa dei moderati anche l'Udc. Che co­sa ne pensa?
“Non ci serve un'operazione di maquillage, quale sarebbe il cam­bio di nome e simbolo. Un conto è dire ‘facciamo entrare Casini per fare il partito moderati’, un conto è costruire la casa dei moderati. Ed è quello che abbiamo cominciato a fare nel 2008. Le operazioni di ver­tice, come è stata la nascita del ter­zo polo, non servono: guardi che fine ha fatto...”.


Lorenzo Fuccaro

05/06/2011 Corriere della sera

fonte

Nessun commento:

Posta un commento

Commento alla notizia: