sabato 24 dicembre 2011

GASPARRI: Il caos non sarebbe il bene per l'Italia

24 dicembre 2011


L’intervento del capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, pronunciato il 22 dicembre 2011 in occasione del dibattito sulla fiducia.

Signor Presidente del Senato, signor Presidente del Consiglio, onorevoli senatori,
se, come il senatore La Torre, volessi far cadere il Governo per il quale invece voterò la fiducia (applausi dal Gruppo PdL), potrei intrattenere il pugliese senatore La Torre sulla nuova richiesta di arresto del senatore Tedesco appena pervenuta al Parlamento. Non lo farò, perché siamo qui per occuparci dei problemi dell’Italia e non per fare speculazioni politiche di parte, con spirito ottusoe poco saggio.
Quando Silvio Berlusconi si è dimesso da Presidente del Consiglio, lo spread tra bund tedeschi e BPT era di 456 punti. In molti avevano detto - e non li citeremo per generosità - che il solo evento di quelle dimissioni avrebbe prodotto uno calo di 100, 200 o 300 punti di spread.
Ho qui la serie di tutti gli spread delle ultime settimane e, salvo una punta verso il basso - si fa per dire - del 5-7 dicembre (intorno a 370 punti), questo indice è sempre stato sopra i 400 punti (ieri era a 485 punti). Si è detto che la manovra del Governo Monti contiene troppe tasse. Le manovre fatte dal Governo Berlusconi hanno avuto un valore complessivo di 265 miliardi di euro nell’arco temporale del 2008 - fino al 2014 come prospettiva - per azzerare il deficit entro il 2013, e le ultime manovre estive erano fatte, per il 60 per cento e più, di tagli di spesa, mentre quella attuale è prevalentemente basata su un aumento del prelievo fiscale.

Ci sono quindi in questa manovra luci e ombre, ma il Popolo della Libertà ha assunto una posizione seria e coerente e, come ha già detto alla Camera il segretario del nostro partito Alfano, voteremo favorevolmente perché siamo persone serie, leali e coerenti e non sono cambiate le condizioni che hanno portato a sostenere la nascita di questo Governo. Del resto, abbiamo sempre messo al primo posto il bene dell’Italia e oggi il caos non sarebbe il bene dell’Italia.
Ci sono modifiche che abbiamo voluto. Abbiamo detto no all’aumento delle aliquote IRPEF, abbiamo ottenuto riduzioni delle tasse sulle case a beneficio delle famiglie, così come c’è stata una maggiore indicizzazione delle pensioni; abbiamo detto no al tetto di 500 euro per i contanti e ad un uso troppo esteso dei conti in banca per anziani con pensioni minime. Abbiamo detto sì alla lotta all’evasione, che con il Governo Berlusconi ha raggiunto punte record, ma abbiamo contestato alcune norme penali che avrebbero causato più problemi che vantaggi. Abbiamo difeso la famiglia, anche in vista delle future discussioni sul quoziente familiare e sulla riforma fiscale. Abbiamo chiesto - perché le caste sono tante, non soltanto quelle dei palazzi della politica - dei limiti ai trattamenti economici delle alte burocrazie dello Stato e questo è stato un nostro impegno.


Riteniamo che queste norme debbano essere estese anche al di fuori della sfera pubblica e, poiché nel decreto si prevedono delle eccezioni affidate alle sue possibilità di scelta, le dico, presidente Monti, di non avvalersi di quella norma, perché ci sono molti stipendi che possono essere ridotti, nella pubblica amministrazione e non solo.
Per quanto riguarda le liberalizzazioni, riteniamo che si possa e si debba fare di più, ma che ci si debba confrontare, lo faremo con il Governo in queste ore e non accetteremo imposizioni. Riteniamo che le liberalizzazioni debbano riguardare, in primo luogo, i grandi potentati dei trasporti, dell’energia e dei servizi pubblici locali.. Non vogliamo limitarci a difendere alcune categorie, farmacisti, tassisti e professionisti, ma lo faremo ancora.
Riteniamo (caro Presidente, lei vi ha fatto cenno) che queste realtà vadano consultate, rispettate e quindi coinvolte nei processi di riforma che non possono essere imposti dall’alto.


Vogliamo, insomma, più libertà e meno supermercati COOP, come ci ha raccontato il libro «Falce e carrello» non a caso mandato al rogo per aver avuto il torto di raccontare la verità su alcuni attentati alla libertà di mercato.
Non siamo stati molto d’accordo con Sarkozy recentemente. Tuttavia, signor presidente Monti, quando l’ho ascoltato a Marsiglia al congresso del Partito popolare europeo egli ha detto: non credo al protezionismo, credo al libero scambio e alla concorrenza, ma questa deve essere leale. Non è normale far entrare in Europa dei prodotti che non rispettano le regole e che vengono imposti ai nostri produttori. Sarkozy si riferiva alla Cina.

Noi vogliamo il mercato globale, ma con regole uguali per tutti.
Questa è la prima liberalizzazione per la quale noi ci impegniamo.


Per il lavoro non abbiamo tabù. Vogliamo norme più moderne per aiutare ad assumere non a licenziare e vogliamo il confronto e il dialogo con le forze sociali e sindacali, come ha sempre praticato il governo Berlusconi per tre anni e mezzo... (Applausi dal Gruppo PdL) e vogliamo riprendere il percorso che il ministro Sacconi ha affrontata per il lavoro e, il ministro Matteoli per le infrastrutture. Vogliamo, insomma, un confronto con il Governo sui temi dell’economia. Ma agiremo, se sarà possibile, per un confronto tra Gruppi parlamentari e forze politiche per quelle materie che non rientrano certo nelle competenze del Governo. Mi riferisco alle riforme del Governo e del Parlamento affinché si abbia un Parlamento meno pletorico, con il superamento del bicameralismo perfetto per avere un sistema finalmente più efficiente.
E vogliamo anche (perché no?) riaprire la discussione sul presidenzialismo. Visto che potremmo averne uno di fatto cerchiamo di costruirne uno di diritto di presidenzialismo.


Vogliamo una strategia per aggredire il debito pubblico e non prenderemo lezioni da chi (si veda la Germania), come ha ricordato opportunamente ieri Libero (Mostra la pagina del quotidiano «Libero») nell’articolo «Trucca i conti del suo debito pubblico». Non siamo disposti a prendere lezioni da chi non è in condizione di darne all’Italia.
Non si vogliono gli eurobond? Allora, si facciano almeno i project bond per finanziare le infrastrutture. E la Germania non si illuda: esporta anche in Italia e un tracollo del sistema danneggerebbe anche quel Paese.
Ha detto Barroso che le riforme fatte non bastano; ha detto Sarkozy: non delegheremo ad altri la nostra sovranità economica.
Ebbene, anche l’Italia - ed è un compito che affidiamo al Governo - non delegherà a nessuno il proprio ruolo, la propria storia, la propria dignità nel contesto europeo.


Deve cambiare l’atteggiamento delle élite europee che considerano la democrazia delle Nazioni quasi un intralcio. Non c’è la democrazia sospesa in Italia, ma serve più democrazia per costruire l’edificio europeo.
Giuliano Amato ha detto recentemente che le decisioni europee appaiono confuse, che i Parlamenti si devono esprimere (e noi vogliamo che il Parlamento si esprima sui progetti europei) e ha detto Giuliano Amato - che cito pur avendolo spesso criticato - che ciò che è uscito dal Consiglio europeo del 9 dicembre sembra quasi un Frankenstein.
Concludo con una riflessione che affido a voi ricordando che vogliamo un’Europa che funzioni.
Nei giorni scorsi sono stato ad Assisi per il concerne di Natale. Considero quella basilica il cuore dell’Europa. La religione, l’arte, l’architettura trovano in quel luogo dedicato al patrono d’Italia, San Francesco, una delle più alte espressioni dell’umanità. Quando vado lì penso all’Italia ricca di valori, di fede, di storia e che senza di noi, senza la nostra identità l’Europa non sarebbe nulla.


Siamo indeboliti dagli spread, ma siamo rafforzati dalle nostre cattedrali e della nostra storia.
È con questo orgoglio e con questa speranza che auguro a noi tutti - è’ anche Natale e prima di quello del Presidente questo dovrebbe essere l’ultimo intervento da parte dei Gruppi parlamentari - un Buon Natale, dicendo a chi è fuori di qui che sappiamo quanto sia grande la preoccupazione del nostro popolo, ma che sappiamo quanto sia forte la nostra Nazione. L’Italia ha un grande passato. Vivere un duro presente. A tutti noi il dovere di dare all’Italia un futuro di grande speranza.


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