venerdì 18 novembre 2011

CICCHITTO: Fiducia al governo Monti ma no a slogan su Ici e patrimoniale


18 novembre 2011


L’intervento alla Camera dei deputati del capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto pronunciato il 18 novembre 2011 in occasione della fiducia al Governo Monti

Signor Presidente, onorevoli colleghi,

in primo luogo vorrei dire al senatore Monti che abbiamo apprezzato il modo in cui si è confrontato nell’altro ramo del Parlamento, con le forze politiche e con il Parlamento del nostro Paese.
Vorrei anche aggiungere, per chiarire come stanno le cose, che lo schieramento politico uscito vincitore dalle elezioni del 2008 non ha perso la maggioranza al Senato e ha recentemente ottenuto 300 voti alla Camera, che sono meno dei 316 necessari, ma più di quelli dell’opposizione.
Di fronte a questa riduzione dei voti della maggioranza e al continuo aumento dello spread, il Presidente Berlusconi ha deciso di rassegnare le dimissioni. In questo modo ha compiuto due atti di responsabilità nei confronti del Paese: ha rassegnato le dimissioni, ma ha anche deciso di dare l’appoggio a questo Governo e, mi consenta senatore Monti, senza questo appoggio noi oggi non staremmo a discutere sul suo Governo, ma ci troveremmo a preparare le elezioni anticipate.
Quindi, noi rivendichiamo questo ruolo di responsabilità che ci colloca in un contesto assai diverso da quello, un po’ provocatorio che qui viene avanzato, sul rapporto discontinuità-continuità. Vi sono entrambi, cari colleghi, perché voi siete la discontinuità, ma noi siamo la continuità.

Aggiungo anche che alcune parti significative e cospicue dell’elaborazione programmatica del precedente Governo devono essere, per forza, recepite, e sono state recepite nel discorso del Presidente del Consiglio incaricato, nel senso che l’agenda per l’Europa, ci dispiace, è un terreno fondamentale per affrontare e risolvere i problemi che abbiamo davanti.
Vorrei anche aggiungere che alcune cose che sono avvenute dopo le dimissioni del Presidente Berlusconi hanno dimostrato Pag. 28quello che abbiamo sempre detto. L’andamento dello spread, che non si è fermato, ha messo in evidenza che il problema era ben altro che un Governo, un nome o un cognome. È un nodo di fondo che attraversa gli Stati Uniti e l’Europa.

Vediamo adesso che, dopo la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo, la Spagna e, più recentemente, l’Italia, questo nodo riguarda anche la Francia, per cui è augurabile che il Presidente Sarkozy faccia meno sorrisi e si confronti con serietà con i nodi che deve affrontare il suo stesso Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Questo Governo ha realizzato cose significative, come, ad esempio, una serie di manovre che riguardano più di 200 miliardi di euro, la riduzione del nostro rapporto tra deficit e PIL che è migliore di quello francese, l’aumento dell’avanzo primario, la stabilizzazione dei livelli complessivi di occupazione.

Non ha risolto altre questioni, fra cui quelle relative alla crescita. Non vi è dubbio che questa nuova fase che lei deve esprimere e rappresentare deve realizzare un passo avanti sia sul terreno del rigore sia sul terreno della crescita.
Vorrei aggiungere, rivolgendomi a lei per il suo passato animato e caratterizzato da una grande cultura europeista, che credo che, come Italia, dobbiamo riprendere un lavoro politico e culturale che è presente nella storia di grandi personalità del nostro Paese, perché non è un delitto di leso europeismo dire alcune cose che riguardano la moneta unica, ossia che non si dà e non regge una moneta unica a fronte di tante politiche economiche diverse, sia di Paesi in fase recessiva, sia di altri Paesi in fase espansiva, perché l’intreccio di questi due elementi è una delle cause della situazione che stiamo attraversando.


Inoltre, credo che dobbiamo concentrare tutta la nostra attenzione sul ruolo della Banca centrale europea, perché, al di là della tematica più stretta che riguarda gli eurobond, è insomma evidente che l’euro, senza avere alle spalle una banca centrale prestatore di ultima istanza, si trova su un terreno friabile, che è una delle cause delle attuali difficoltà.
Vorrei anche aggiungere che non si può fare demagogia neanche sulla questione della crescita, perché lei conosce benissimo, signor Presidente del Consiglio, il nodo della crescita, come emerge da tante analisi, l’ultima quella del professor Ciocca. Noi abbiamo un debito di crescita che addirittura risale agli anni Novanta. È dagli anni Novanta che l’Italia sta in difficoltà da questo punto di vista. Io ho letto con attenzione le sue considerazioni a questo proposito, quando lei ha parlato di una riduzione dell’imposta e dei contributi che gravano sul lavoro e sull’attività produttiva, finanziata attraverso un aumento del prelievo sui consumi e sulla proprietà.


Su questo nodo e su quello dell’ICI noi riteniamo necessaria una considerazione assai attenta da parte di questo Governo, una considerazione che richiede non sciabolate e non la meccanica ripetizione di slogan che rischiano di determinare ulteriori tensioni, perché lei sa benissimo qual è la nostra posizione per quanto riguarda l’imposta patrimoniale.
Aggiungo anche che il nodo della crescita ha un’altra faccia, che si chiama produttività, e produttività vuol dire due cose. Produttività implica anche una capacità degli imprenditori italiani non solo - come risulta da un’analisi del professor Gallo - di tradurre profitti in aumento dei dividendi, ma di tradurre profitti in aumento dell’innovazione tecnologica. La dottoressa Marcegaglia dovrebbe anche ricordare quello che dovrebbe essere un terreno fondamentale di impegno del mondo imprenditoriale italiano, una parte del quale è impegnato su questo fronte, un’altra parte del quale, attraverso la Confindustria, ci ha sempre inondato di richieste di assistenzialismo. Voi vi ritroverete, probabilmente, nelle stesse condizioni.


Produttività vuol dire anche produttività dei fattori. Si pone, quindi, il problema che lei ha affrontato giustamente nel suo intervento di ieri: produttività vuol dire anche nuove relazioni industriali, come ci è richiesto dall’Europa. Si tratta di nuove relazioni industriali sia per quello che riguarda i rapporti di lavoro sia per quello che riguarda l’importanza e il ruolo della contrattazione aziendale rispetto alla rigidità della contrattazione nazionale.


Paradossalmente, credo che sia la prima volta nella vicenda di questo Parlamento che io e l’onorevole Franceschini ci troviamo d’accordo su una o due questioni, come sul fatto che qui non c’è una maggioranza politica: c’è una maggioranza parlamentare. È un dato paradossale e non si è mai verificato nella storia di questo Parlamento, neanche quando c’è stata la vicenda del Governo della Democrazia Cristiana con l’astensione del Partito Socialista e del Partito Comunista. Noi, quindi, sperimenteremo tutti quanti un percorso assai complesso e assai difficile, che certamente avrà nel Parlamento un terreno di confronto essenziale.
Da questo punto di vista, invito il Governo e il Presidente del Consiglio a misurarsi su questo nodo, perché alcune scelte che avete fatto nella composizione di questa struttura governativa hanno complicato la sua vita e non l’hanno risolta. Noi poniamo tale problema in termini costruttivi, ma è un problema sul quale voi dovete aprire una riflessione.
Molto spesso la tendenza agli ukase, alla demonizzazione e così via, porta in vicoli ciechi non all’altezza delle questioni che dobbiamo risolvere.


Aggiungo un altro dato. Per quello che ci riguarda, questo percorso che affrontiamo in una situazione di emergenza, non significa la fine del bipolarismo, ma lo conferma.
È evidente che noi, alle prossime elezioni, ci presenteremo su schieramenti alternativi e continuerà un confronto politico che è materia della dialettica politica di questo Paese.
Posso solo esprimere un auspicio, e cioè che siamo in grado, tutti quanti, di effettuare un passaggio, grazie anche, magari, all’azione di questo Governo, se sarà capace di essere al di sopra anche di alcuni interessi che sono in esso presenti, se sarà capace di collocarsi in una dimensione reale che tiene conto del fatto che viene sostenuto da due forze contrapposte.
Ebbene, è auspicabile che da questa esperienza nasca un bipolarismo non più caratterizzato dalla demonizzazione e dallo scontro frontale, ma un bipolarismo fisiologico di stampo europeo.È anche questo indirettamente un contributo che lei può darci e per questo e per le ragioni che ho elencato precedentemente confermo il voto positivo del Popolo della Libertà alla sua esperienza


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